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sabato 21 novembre 2020

 


Sono trascorsi ormai tanti anni dalla mia fanciullezza e dalla mia adolescenza,

forse troppi, non so…comunque mi rendo conto di quanto sia cambiato il modo di frequentarsi dei nostri giovani, i loro giochi, perfino il loro linguaggio. Non so quale epoca sia migliore, quella dove non c’era nulla e tutto si costruiva con le mani oppure quella moderna dove i nostri ragazzi hanno tutto e utilizzano poco gli oggetti che hanno preferendo inventare tutto in maniera virtuale con i loro devices. 

Non voglio essere il solito boomer che critica sempre e comunque tutto. Non credo che la nostra generazione fosse migliore, eravamo meno attrezzati, e per questo cercavamo il divertimento dove e come  potevamo.

I giochi allora erano più semplici, senza algoritmi da studiare o da applicare, semplicemente “si facevano”, ci si incontrava solo e comunque di persona e se volevi giocare  dovevi per forza “farlo” dal vivo in maniera reale. Oggi non è più così, computer e smartphone hanno fermato le persone su sedie, divani o letti eppure permettono di viaggiare, incontrare persone, trascorrere il tempo.

L’ unico rammarico che posso mostrare per tutta questa tecnologia è la distanza dalla realtà che i nostri figli stanno prendendo. Credo che ci sia una sorta  di confusione tra reale e virtuale che ci allontana dalla prossimità degli altri. Essere distanti non ci permette di coltivare pienamente quelle virtù che ci servono per fare comunità. Diventa tutto troppo facile: la comunicazione, la risoluzione dei problemi si, ma tutto in maniera poco sostanziale. Nascono amicizie, si sviluppano e finiscono sui social ma si concretizzano poco.

Credo che bisognerebbe ritornare ad essere più pragmatici, pensiero opinabile naturalmente, perché in questo modo finiremo per essere troppo virtuali e perdere il contatto con la realtà, e non ci accorgeremo del pericolo nascosto che si cela in questa situazione: la solitudine e peggio ancora l’ egoismo che ci allontana dall’ essere solidali, la paura dell’ altro, del diverso. Nel virtuale è tutto più semplice perché abbiamo eliminato il contatto e la carità, l’amore che fa e che dona, insomma stiamo barattando le virtù per il virtuale perdendo una fetta importante della nostra umanità.