domenica 27 dicembre 2020

Considerazioni natalizie : Un Dio psichiatra e un pianeta da vaccinare

 I paradossi del Natale.



Quest' anno resterà nella storia,questo lo sappiamo, per questa pandemia,per il senso di impotenza che ci ha procurato, per i paradossi dell'esistenza che ci hanno visto testimoni. Non sono semplicemente pensieri di una mente-bislacca ma una verità di cui tutti siamo consapevoli. Una entità così piccola, infinitesimale come può essere un virus, ha messo in ginocchio un pianeta intero. L' economia, la salute, i punti che fino a qualche mese fa ci sembravano fissi, tutto messo in discussione e noi ancora una volta qui, in casa "arrestati", fermati ai domiciliari. Natale con i tuoi...ma pure questo detto in questa ricorrenza deve essere rivisitato. "Natale con i tuoi congiunti conviventi". E si, abbiamo imparato anche ad usare questa parola: "congiunti". Prima era depositata solo in qualche dizionario, adesso è diventata di uso comune. La prima volta che l' ho ascoltata in politica fu nell' insediamento del primo governo Conte quando per riferirsi al fratello del presidente Mattarella il presidente del Consiglio lo indicò in questo modo:"congiunto".( Lo dico io: Piersanti Mattarella, morto per mafia!). Da allora questa parolaccia è entrata nel nostro lessico e speriamo di poterla farla ritornare nei dizionari e nel dimenticatoio ( fosse per me la cancellerei proprio!).

Così abbiamo trascorso questo Natale in maniera particolare, e perfino il mio presepe, ancora più spartano del consueto rispecchia il modello del nuovo DPCM con Il piccolo Gesù e i suoi "congiunti", Maria e Giuseppe e un solo pastore che gli fa visita a distanza di sicurezza, quattro in tutto.

A parte tutto questo è stata una festa in attesa di un vaccino che insieme al Bambinello di Betlemme potesse portare una luce di speranza. La speranza, anche questo un paradosso. In questo periodo, un ministro della sanità col nome di una virtù teologale e che paradossalmente mentre si rinnova il ricordo nella Natività si congratula per aver fatto in modo di rendere accessibile a tutte le donne in gravidanza fino alla nona settimana la pillola abortiva. Stranezze umane!

Adesso però il Vday c' è stato, la vaccinazione è finalmente disponibile e sorge un altro problema paradossale: convincere tutti che bisogna vaccinarsi. Ora io davvero quando penso a Nostro Signore lo immagino con una pazienza infinita. Lo abbiamo pregato per quasi un anno di liberarci dal covid, bestemmiandolo pure, in alcuni casi, per avercelo mandato e adesso che ci offre la cura molti la vogliono rifiutare.

Allora il problema non è questo anno, perché gli anni sono solo numeri che si susseguono per contare le rotazioni della terra intorno alla sua stella. Il problema.siamo noi umani, siamo noi pieni di paradossi esistenziali e bipolari! Così sono arrivato a una conclusione, che tra tantissime peculiarità del nostro Dio: Provvidenza, amore, perdono, libertà, pazienza, in questo anno se n'è aggiunta ancora una, o meglio sono io che l' ho notata solo adesso: la Sua attitudine ad essere anche un bravo psichiatra. Altrimenti non si spiega...

E prima di un cura per un virus abbiamo tutti bisogno di tornare da Lui e metterci in analisi.

...che poi il bislacco sono io!

martedì 22 dicembre 2020

La Madonna nel carretto

 Anche questo è Natale...



Stasera una passeggiata per le vie del centro e una piacevole sorpresa: un presepio, credo di carta pesta o legno, nella piazza del paese.
Nel complesso molto piacevole e tradizionale, cosa non poco scontata di questi tempi. Tutto bello, bella scenografia, belle luci, bei costumi.
Però se proprio dovessi fare una piccola critica direi che è la prima volta che mi capita di vedere una Natività che si compie in un carretto.

Si la Madonna è stata sistemata in un carretto antico in attesa del parto in posizione quasi verticale. Mi pare quantomeno scomoda come posizione anche un pochino irreale direi anche perché tradizione vuole che la Santa Vergine stia vicino alla mangiatoia a cullare il suo piccolino. ( Lo scenografo deve essere un po' bislacco come me)
Comunque va bene lo stesso i personaggi sono quelli classici perfettamente riconoscibili e tutto il complesso mi piace. Tutta la città comunque è molto illuminata, anche se continuo a dire che questi addobbi poco si addicono allo stile del nostro centro, mi sembrano più adatti ad un centro abitato più moderno.Ci prendiamo quello che passa il convento, anche perché il tutto da un senso di festa che migliora un pochino il morale dato i tempi che viviamo. 
Comunque io la Madonna nel carretto non c'è la vedo proprio...mah!

venerdì 18 dicembre 2020

Dio esiste?

 Un' interpretazione bislacca...



Un uomo, molto devoto, che credeva in Dio fortemente e aveva speso tutta la sua vita a lodare Dio e a comunicarlo agli altri, una mattina si svegliò e mentre rifletteva tra se e se fu assalito da un piccolo dubbio. La domanda che gli si insinuò nella mente era: ”Io so che Dio esiste, da una vita intera lo credo, ma se io avessi torto?” Questo pensiero crebbe in lui in maniera sempre più penetrante tanto che ebbe bisogno di soddisfare questa sete di conoscenza. Lì vicino sapeva che l’ illuminato Gautama Syddharta, il Budda, avrebbe potuto rispondere a questa domanda per cui di buon mattino vi andò. Il Budda era sotto una pianta su un’ altura e sotto di lui, più a valle, un notevole numero di devoti che più o meno cercavano risposte a domande simili. Lui si mise nell’ ombra dove non poteva essere riconosciuto e aspettò che Gautama lo notasse. Il Bubba a un certo punto aprì un occhio lo guardò e molto amorevolmente gli chiese cosa desiderasse. 
“Dio esiste?” gli chiese, e il saggio seccamente gli rispose “No”. Allora tutte le persone che stavano in basso cominciarono a vociferare, chi per la gioia, chi per delusione ma tutti convennero che il Budda avesse finalmente dato una risposta e cominciarono a festeggiare. L’ uomo andò via perplesso e un po’deluso ma in fondo anche lui aveva saputo la risposta. Siddharta richiuse gli occhi e continuò la sua meditazione.
Un altro uomo più tardi, un ateo convinto, anche lui pieno delle sue convinzioni tanto da aver basato la sua vita sulla certezza dell’ assoluta mancanza di un Dio, cominciava a farsi delle domande strane. Era certo della inconsistenza della teoria divina eppure un piccolo dubbio si insinuò nelle sue certezze. Se Dio fosse reale, se davvero potesse esserci da qualche parte un’ entità diversa capace di giudicare la vita umana e le sue azioni, allora lui si sarebbe trovato in una situazione davvero difficile dato le sue convinzioni. Aveva bisogno di sapere, e presto! Era venuto anche lui a conoscenza della presenza dell’ illuminato. Anche lui si mosse e la sera stessa si recò dal saggio che ancora era in meditazione, mentre tutta la folla ancora era intenta nei festeggiamenti. Rimase in piedi in attesa. Siddharta percepì la presenza, aprì un occhio lo osservò e gli chiese cosa volesse. 
“Dio esiste?” Chiese l’uomo e la risposta fu secca ancora una volta: “ Si, Dio esiste”.
Tutti i convenuti allora emisero un boato di disappunto, erano di nuovo al punto di partenza. L’ uomo tornò a casa anche lui deluso ma con una risposta alla sua domanda.
Il perché ancora oggi in oriente si racconti questa storia, dopo tanti secoli, sta a significare che ancora una risposta definitiva e uguale per tutti non siamo riusciti a trovarla. In realtà la parabola termina con un terzo uomo che con la stessa domanda non riceve risposta eppure ritorna a casa appagato e non deluso a differenza degli altri.
La cosa è molto simile ad un avvenimento evangelico molto forte. Quando Pilato chiede a Gesù cosa sia la verità. In cambio riceve il silenzio.
Quel silenzio spetta a ognuno di noi riempirlo perché Dio non è qualcosa che si possa “raccontare”. L’ esperienza del divino è personale. La vera risposta è nella ricerca; se uno crede o non crede si trova psicologicamente nello stesso stato. La ricerca invece apre la strada per la scoperta. 
Un vecchio detto dice “ Chi si mette in cerca di Dio lo ha già trovato”. I preconcetti non portano alla verità. Per trovarla occorre aprirsi al mistero. La strada resta sempre lunga e difficoltosa perché si tratta di conoscere qualcosa che la mente non può assimilare senza un aiuto esterno e illuminato. Gli uomini della storia hanno le loro certezze ma vengono disarcionati dalle loro convinzioni da un piccolo dubbio. La ricerca deve partire dall’ umiltà di sapere di non bastare a se stessi, abbracciare il mistero quindi per essere illuminati dall’ alto.

giovedì 17 dicembre 2020

la confort zone...un appoggio per piccioni

 

Piccole evasioni tra le routine della vita…



Lasciare la sicurezza di un angolo comodo della mente per affacciarsi all’ignoto può spaventare ma è l’unica cosa che affrontata può dare una spinta maggiore al corso degli eventi.
Devo dire che realmente i momenti di crescita sono proprio quelli in cui si lascia la tranquillità della zona di confort. Ci creiamo zone della mente, angoli in cui rifugiarci, dove stiamo tranquilli e possiamo controllare tutto, eppure, a volte inevitabilmente abbiamo la necessità di spostarci verso qualcosa di ignoto, un viaggio, un nuovo lavoro, una situazione inaspettata, un problema da risolvere e allora la cosa ci sorprende e ci mette nel panico per la paura di quello che possa accadere. In realtà superare la barriera della nostra insicurezza ci aiuta a crescere e affrontare nuove situazioni ad avere un bagaglio di conoscenze più pieno.
“Impara l’arte e mettila da parte” recita un antico adagio e per farlo occorre superare la routine della quotidianità. Anche fare sempre un’unica attività in maniera monotona diventa un “luogo chiuso” dove ci si rifugia per non compromettersi con altro. Tutto questo però non si può definire una vita piena e libera perché anche mentalmente ci si può incarcerare in convinzioni, luoghi, o situazioni. Sono spazi angusti dove la mente (sana o bislacca che sia) e poi tutta la persona non ha libero movimento, si atrofizza, si calcifica ogni sentimento di libertà.
La cosa non è facile, occorre un forzatura sulla nostra volontà che tenta sempre di rimanere al calduccio in un angolino comodo. Mettere in conto anche un eventuale fallimento, ma riuscire a farlo, mettersi in gioco diventa evasione che si trasforma in esperienza. Per questo la nostra crescita è l’insieme di tutte le nostre evasioni tra una routine e l’altra.
La proposta quindi, in tutti i settori è quella di provare sempre nuove cose finché siamo in grado di muoverci, camminare, guardare e usare tutti i sensi.
Vorremmo a volte rimanere in una condizione tranquilla e sicura ma noi non siamo statue. L’altro giorno vedevo un video in cui un uomo, un artista di strada, si esibiva nel numero della statua vivente. Truccato come il bronzo, si muoveva solo quando qualche ragazzino curioso gli offriva qualche spicciolo. Tra un movimento e l’altro rimaneva perfettamente immobile tanto che dei piccioni, gli si posavano addosso come se davvero fosse una statua di metallo fuso. Ecco questo è proprio il male peggiore che possa capitarci, essere, diventare o venire considerati delle persone addormentate alla vita. Ogni occasione per vivere, quindi, che non viene usata, è irrimediabilmente persa. Non è bello essere un appoggio per piccioni.

mercoledì 16 dicembre 2020

La felicità...un atto rivoluzionario

Una rivoluzione bislacca...




  Oggi mi sono imbattuto in questa frase e mi ha davvero sorpreso, per meglio dire mi ha sorpreso la reazione che ho avuto nel sentirla. Come possa essere vera questa affermazione? Perché la persona che l’ ha pronunciata ha sentito questa necessità? Allora mi sono chiesto che cosa sia la felicità. Sarà forse non avere nessuna necessità insoddisfatta? Essere sempre gioiosi in tutto quello che capita? Forse non è poi così semplice dare una risposta esauriente. Se la felicità fosse esaudire ogni richiesta materiale non dovrebbero esserci benestanti infelici e invece molte volte mi pare che siano proprio i più ricchi ad essere i più scontenti, forse proprio perché la sete di novità non si arresta mai, alzando sempre più l’ asticella del piacere. Oppure potremmo pensare di essere sempre gioiosi e cercare di mantenere un livello alto anche nelle situazioni più cupe. Forse sì ma questo è facile solo in teoria mentre la vita mi ha insegnato che di fronte alle difficoltà tutto diventa più difficile, soprattutto sorridere.

Il fatto è che guardandomi attorno, frequentando le persone sia realmente che attraverso i media, sento sempre più, intorno, questa presenza quasi palpabile di insoddisfazione profonda, di mancanza di serenità. Naturalmente non parlo in maniera specifica di questi ultimi tempi, sicuramente la pandemia non aiuta col distanziamento e questa cappa di preoccupazione che porta con sé e che ci opprime. Parlo in senso più generale di una società che non riesce più a ritrovare se stessa forse a inseguire i suoi sogni e la sua realizzazione.

Perfino gli odiatori sociali dei social media riversano su tutto quello che incontrano, una sofferenza repressa evidentemente, un male di vita profondo che fuoriesce in un mondo virtuale perché probabilmente non può farlo nella quotidianità. Quindi tutto viene omologato da questa voglia insoddisfatta di felicità che l’ umanità tutta cerca ma non riesce ad ottenere. Così tutti ci ripieghiamo su noi stessi sul nostro insoddisfatto bisogno di gioia. E non ce ne curiamo più ci assuefacciamo a questa sensazione rimanendo quasi inconsapevoli tristemente incompiuti. 

Quando quindi qualcuno decide di elevarsi da questo stato, da questo triste piattume monocromatico e cercare un senso più alto della propria vita, di una realizzazione ( perché siamo fatti per essere felici, per cui questo è un modo per realizzarsi nella vita) viene visto, un po’ in maniera alienata come fosse una rarità.

Davvero allora cercare la felicità diventa un modo per essere alternativi al sistema e ricercarla una vera rivoluzione dei costumi e delle attitudini.

La cosa mi fa riflettere e compiacere di non essere l’ unica mente-bislacca ma di essere in buona compagnia.

L’ augurio che posso fare quindi in questo periodo è di diventare dei rivoluzionari, pacifici, cercando di realizzare lentamente i nostri sogni nella nostra vita cercando così la felicità, quella vera, forse non ci riusciremo pienamente ma mettersi in cammino è già qualcosa…


domenica 13 dicembre 2020

Lamentazioni...di naufraghi tra sciacalli e presepi

 Mi sposto il berretto…


Una settimana, quella che è appena trascorsa molto impegnativa. Sembra quasi che quest’ anno, che sicuramente non dimenticheremo, voglia essere ancora più certo di lasciare un segno profondo del suo passaggio. In una settimana la morte di un simbolo italiano del calcio e non solo, con il tragico epilogo, anche di cattivo gusto del furto nella sua abitazione, la pseudo crisi di governo che mette ancora di più in discussione l’ affidabilità di chi ci sta traghettando tra i marosi di questo periodo così assurdo e ancora le polemiche sulle parole del Papa e su un presepe “particolare” che molti non si aspettavano di vedere in piazza San Pietro. Tutto partecipa ad aumentare un grande caos che ci lascia sospesi senza un punto d’ appoggio di una qualche minima certezza. Adesso una nuova crisi di governo che si prospetta all’ orizzonte con una nuova possibilità di un altro rimpasto governativo, il terzo, che davvero ci lascia senza parole, senza senso, senza nessuna prospettiva. Navighiamo a vista, controcorrente, soli.

La mia personale sensazione è di sconforto per tutto. Da ogni parte mi possa voltare non vedo spiragli di luce, seppure la mia indole speranzosa mi indica di cercare ancora, oltre il buio dei tempi, oltre l’ ignavia di una classe politica dirigente che non ci sa portare da nessuna parte e che ha mollato l’ ancora del proprio tornaconto, se non economico, sicuramente politico ed elettorale.

L’ Italia è ferma con le quattro frecce e aspetta che venga il miracolo, di un vaccino forse, di una ripresa tour court o dell’ intervento di Gesù Bambino che possa cambiare le cose.

E non voglio pensare alla politica estera che da un anno a questa parte vorrei sapere dove stia di casa.

E noi, italiani, in casa ad attendere, anche noi, non sappiamo bene cosa, che passi, che si possa tornare ancora ad una vita normale, a quelle cose cioè, che ci mancano tanto ma che non facevamo neanche prima: abbracciare gli anziani, andargli a trovare nelle case di riposo dove li avevamo parcheggiati in attesa di…tempi migliori, curare e prenderci cura dei più bisognosi di affetto e di  condivisione. E intanto ci riversiamo  tutti sui social a condividere articoli che neanche leggiamo perché l’ unica cosa che ci interessa è il numero dei pollici in su e di essere sempre e comunque contrari a tutto.

Abbiamo bisogno tutti di ritrovare una via di speranza, una lucina che ci faccia risalire  in superficie a respirare, perché non è vero che sia  la mascherina a toglierci il fiato o a danneggiare la salute, queste sono fandonie da complottisti da strapazzo. La vera apnea che ci sta soffocando è questo allontanamento dalla verità dei fatti, questa voglia perversa di dietrologia, che ci possa essere sempre e comunque un complotto alle nostre spalle, per danneggiarci, controllarci e toglierci una libertà della quale, a pensarla bene ci stiamo privando da soli. In fondo siamo noi che aumentiamo i contagi, con la nostra abitudine a non rispettare mai le norme e gli altri, a creare uno stato di terrore verso tutto e infine eleggendo persone del tutto incapaci di affrontare questi problemi ma che in fondo ci rappresentano perfettamente. 

Ma questo è solo uno sfogo di una mente-bislacca che ha avuto una settimana pesante, dispiaciuto per la morte di un grande campione che ha sempre considerato un modello di tenacia e che si è visto offeso nel giorno del suo funerale( sciacalli!). Dispiaciuto di vedere in TV notizie di ancora tanti morti mentre i politici pensano solo alle poltrone e agli inciuci di potere, dispiaciuto infine di vedere la propria religione usata e deturpata per fare like sugli  a- social network, da ignoranti che gettano sempre fango su tutto e tutti.

Pardon, mi rimetto il berretto e la faccio finita!


sabato 12 dicembre 2020

Le comari dei comizi...

 Complotti senza prove...


Uno dei mali di questa nostra età è sicuramente il proselitismo e non solo quello religioso. Parlo di tutto il panorama della vita, delle ideologie, del pensiero. Questa voglia di convincere sempre gli altri delle proprie idee a forza di parole senza mai addurre una qualsiasi prova di ciò che si sostiene, lo reputo un male grave che confonde in maniera pericolosa il vero con verisimiglianza.

Negli ultimi tempi sono apparsi tantissimi movimenti ideologici, etici o pseudo tali  che io reputo molto pericolosi. Dai no Vax ai no global passando per i complottisti cercano di svenderti le loro idee a volte davvero strampalate e i social  potenziano il fenomeno in maniera esponenziale arrivando a toccare perfino l ' incolumità delle persone che convincendosi di astruse teorie decidono di non vaccinarsi e rischiare anche la salute. Senza parlare degli attivisti dei partiti politici che ti propinano il loro cosiddetto “nuovo che avanza” che poi in definitiva, come ci ha sempre dimostrato la storia, di nuovo ha sempre molto poco. Sono i testimoni di Geova delle politica che vengono a bussare alla tua tranquillità e la sconvolgono con le loro idee tracciandoci intorno anche un velo di pericolosa paura. 

Io non sono contro le idee alternative, contro le nuove teorie e neanche contro la voglia di verità lì dove sembra offuscata o addirittura occultata. Tutto quello che si deve proporre però deve essere giustificato con prove alla mano e sul campo dialettico. Chi si mette in cattedra e fa comizi non può che avere ragione se non viene contraddetto da un alter ego che lo possa confutare. Così si ascoltano e si leggono post che mettono addosso paure infondate senza un briciolo di prova circostanziata sulla sanità pubblica, sui dispositivi di sicurezza sull’ esistenza stessa di un virus che realmente ha ucciso senza nessuna pietà 60000 persone.  Tutto questo è inaccettabile, oltre ad essere una gran rottura di scatole perché se hai un minimo di sensibilità, prima di mandare tutti a quel paese, sei costretto ad ascoltare le loro dabbennaggini e quando cerchi di commentare  in maniera sobria ed educata ti dicono che il tuo parere non è necessario alla loro missione. Certo che non lo è! A loro non importa capire le situazioni vogliono solo dare fastidio perché chi non ha altri mezzi intellettuali può solamente essere bastian contrario e gettare fango su tutto. 

Ma di una cosa sono sicuro, seppure io sia solo una mente-bislacca, mi dispiace per tutti i complottisti, gli anti mascherina, i negazionisti ma non riuscirete a mettere tutti in una coltre di diffidenza e di pura. Continuate pure a parlare da soli o tra di voi quattro gatti. Per affermare un’ idea ci vogliono prove e passione e non il proselitismo, quello conquista solo gli ignoranti e i poco provveduti.


martedì 8 dicembre 2020

Se la Speranza è l' ultima a morire...

 Chi visse sperando...


Recitava una frase dei Litfiba di qualche anno fa. Effettivamente questa frase si sente molte volte. Un adagio che viene pronunciato spesso, a volte senza comprenderne il senso vero.

La Speranza, virtù teologale senza la quale tutta la vita appare più cupa e senza motivo. Certo è così, senza la speranza ogni azione diventa fine a se stessa, senza risvolti positivi nel futuro. In realtà la speranza è una finestra aperta sul divenire, ci fa pensare al domani, a quando la situazione momentanea difficile si risolverà e in ultima istanza ad una vita migliore oltre questa passeggera, fallace, caduca.

Inevitabilmente invecchiamo, inevitabilmente le forze si affievoliscono ma la virtù della speranza ci corrobora facendoci pensare a una meta da raggiungere o a un miglioramento, comunque, della situazione attuale. 

Si nasce, si vive, ognuno col suo fardello da portare di ricordi, di vissuto, di dolori e gioie e infine si muore a questa vita e la morte più brutta è quella disperata. I teologi dicono che al termine della vita il “male” , sferrando il suo ultimo attacco, ci faccia vedere tutto il nostro vissuto, quello degli sbagli, dei peccati cercando in ultima istanza di strapparci proprio lei, questa consapevolezza di essere amati da Dio comunque, se ci riesce tutto frana perché senza Speranza crolla anche la fede e senza di essa ci si allontana dalla Carità che come dice San Paolo è  l’ unica che rimane in eterno.

Il detto “la speranza è l’ultima a morire”, quindi, non è giusto perché la speranza è il motore della vita stessa, essa  le dà senso perché ne conserva lo scopo. Il  colore che le è stata attribuita infatti il verde quello della natura, della vita ma anche del IV Chakra, il Chakra del cuore che gli indiani chiamano Anahata, in sanscrito vuol dire “non colpito”. Chi mantiene la speranza non può essere colpito e non viene atterrato.

È un dono che il Creatore ci ha fatto. Sin  dalla creazione del mondo aspettavamo il Messia, quando è arrivato ci ha promesso terra e cielo nuovi, tutto è speranza quindi fa parte di noi. Non è semplicemente un’ elucubrazione di una mente-bislacca è una realtà da custodire nel cuore e nella mente. L’ ateismo ha proprio questo morbo in sé, riesce a togliere lo scopo della vita, i due ladroni ai lati della croce avevano tutto in comune ma in una cosa differivano, uno muore disperato l’ altro no e questo cambia tutto il corso e il senso della loro vita. 

Non facciamoci carpire la speranza, ci saranno cielo nuovi e tempi nuovi.


domenica 6 dicembre 2020

Nel deserto per un Natale più vero.

 Una voce che grida di preparare la via



Io non sono in teologo( come potrebbe una mente-bislacca), ma da appassionato della sacra scrittura ho notato un particolare interessante che riguarda le letture di oggi. Il testo riguarda la figura del Battista ma ha come risvolto la nostra vita e il nostro atteggiamento in questo periodo dell’anno. In realtà i tempi cosiddetti forti servono soltanto a puntualizzare la  nostra attenzione, ma l’ atteggiamento dovrebbe essere quello tutti i giorni. Si potrebbe usare una famosa frase di Jovanotti “O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai”. 

La mia considerazione parte dalla figura di San Giovanni Battista che viene considerato da tutti oramai il “Battistrada” di Cristo, proprio perché Gesù stesso lo indica come suo precursore quando utilizzando le parole del profeta Isaia lo definisce “Una voce grida nel deserto”.

Il Brano in questione è tratto da un discorso più ampio del profeta che è un canto di speranza, per la prossima venuta del liberatore, molto bello tra l’ altro da leggere perché ridona la speranza agli oppressi di tutti i tempi. La cosa da notare però è che la frase utilizzata da Gesù non è esattamente la stessa, o meglio, le parole sono le stesse ma la punteggiatura è differente. Piccole cosmesi della lingua che cambiano totalmente il soggetto è il significato di tutto il contesto. La frase originale del vecchio testo è: “Una voce grida: nel deserto preparate la via del Signore”. Incredibile come due piccoli punti trasferiscono l’attenzione e il destinatario della frase. Nella prima, quella di Cristo, la voce ( il Battista) grida nel deserto, nella seconda, la voce gridando indica dove si deve preparare la via. Gesù nella sua sapienza ha adattato la parola antica per indicare una persona, ma letta nella versione originale diventa un insegnamento per tutti. Qui si tratta di un atteggiamento per ricercare Dio, un luogo dove poterlo trovare. Il deserto è la scappatoia, il riparo dalla mondanità.   Nella Scrittura molte volte si ricorre a questo luogo reale o figurato che sia per spegnere i rumori del mondo, ritrovare se stessi e la pace. In tutte le religioni, le filosofie si ricorre a questo rifuggire dal mondo per ritrovare il proprio centro perché è lì l’albergo di Dio, in questo luogo possiamo trovarlo sempre. La solitudine della meditazione, del Rosario, dei Mantra, per ritornare al centro e “ascoltare la voce di Dio”, preparargli una strada, spianare i sentieri per poterlo incontrare.

Come dei piccoli punti possono sviluppare una così immensa moltitudine di pensieri è già qualcosa di infinitamente affascinante permette ad uno “scriba di tirare fuori cose vecchie e cose nuove” come dice Gesù. È la parola di Dio che pur rimanendo immutata si concretizza nel presente e diventa contemporanea e nuova.

Lasciamoci trasportare in questo luogo quindi, spegnendo i rumori e le “caciare” del mondo nelle profondità del deserto, del silenzio e della preghiera. Sarà per tutti un Natale più bello 


sabato 5 dicembre 2020

Attacchi scenografici tra sacro e profano

 Un Natale evidentemente particolare



In questi giorni visitando una chiesa del mio paese ho visto una cosa interessante, sulla quale si può ragionare abbastanza credo. Ho notato che sul presbiterio oltre al comune presepe che normalmente tutte le parrocchie mostrano, era stato allestito un enorme albero di Natale. La cosa all’ inizio mi è parsa alquanto strana, perché un po’ tutti i sacerdoti preferiscono mantenere e divulgare la tradizione del presepe rispetto a quello più mondano dell’ albero. Poi ho pensato che il presbitero avrà voluto con questo attacco scenico-coreografico dare una interpretazione visiva di quello che sta succedendo al Natale dei nostri giorni. La scena così come la si può vedere sicuramente vuol essere un messaggio allegorico del fatto che il consumismo offusca la visione del Signore, infatti in tutta la parte destra della chiesa il Tabernacolo è assolutamente nascosto alla vista dei fedeli, occultato dietro a questo addobbo che stride fortemente col contesto liturgico.


Quindi devo rilevare che esiste oramai un nuovo modo di fare religione e forse catechesi, meno parlato e più visivo che ha un impatto maggiore  sulla comunità, un parlare per immagini che arriva dritto al punto e trasmette considerazioni sulla realtà rapportandola al contesto religioso.

Ma si sa che io sono una mente-bislacca e anche un po’ antiquato probabilmente che ancora crede che la chiesa non sia un teatro e l’ altare un palcoscenico, diciamo che io sono a favore dei metodi più tradizionali. L’ altare è il luogo dove si fa memoria della mortificazione e risurrezione di Nostro Signore e dove la mondanità non dovrebbe entrare così facilmente. È una questione di gusti e a me non piace vedere che un simbolo così francamente consumistico sia messo così in primo piano davanti al Santissimo Sacramento che dovrebbe essere al centro dell’ attenzione e ben visibile a tutti.

Io proporrei l’ albero almeno in sagrestia, e il presepe accanto alle cose sacre. Sacro con Sacro, profano con profano…


giovedì 3 dicembre 2020

Di giusti, di orge …e di sepolcri imbiancati.

 Guai a voi scribi e Farisei…


I rappresentanti del popolo a volte mi lasciano perplesso, per il loro operato, per il loro modo di fare e di parlare. Ogni tanto, però, c’ è qualcuno che eccelle nelle sue attività e mi induce, per forza, a fare qualche piccola riflessione su dove stiamo andando, o meglio, su dove ci stanno portando. Se pure il mio blog non è giornalistico ma solo un archivio delle mie memorie, di una mente-bislacca, che in realtà scrivo più per me stesso che per un eventuale malcapitato tra le mie righe, questa volta mi urge commentare una notizia di questi giorni davvero “esilarante” o forse dovrei dire grottesca.

Il fatto in sé stesso non mi stupisce ma mi ha fatto riflettere su un concetto importante della cristianità: la credibilità.

Mi hanno sempre detto che alla fine dei nostri giorni saremo giudicati non tanto sul fatto di essere stati credenti ma piuttosto se siamo stati credibili, soprattutto noi che ci consideriamo “praticanti” e ne siamo così sicuri da fare la morale agli altri. Ora, quando Gesù è venuto nel mondo si è sempre comportato da mite e umile di cuore, ma se c’era qualcosa che lo facesse uscir davvero fuori dai gangheri era da una lato la sclerocardia( parolone che intende la durezza del cuore) e dall’ altra l’ ipocrisia, specialmente di chi si millantava giusto. Il vangelo riporta tante di queste affermazioni del Messia: “ciechi alla guida di ciechi”, “razza di vipere”, “spelonca di ladri”. Ci andava giù di pesante i maestro! Lui conosce benissimo il cuore dell’ uomo e chiunque si eleva a giudice lo fa sapendo di non essere migliore, la colpa quindi è grave.

Nonostante tutti questi secoli la situazione non è che sia migliorata di molto e proprio quelle persone che dovrebbero dare l’ esempio si comportano peggio di tutti.

Pare che un politico ungherese, un puritano estremo difensore dei valori cristiani e della famiglia canonica sia stato segnalato e denunciato ( a causa della violazione delle norme anti-covid) per aver partecipato ad un raduno omosessuale, una vera e propria orgia. Naturalmente il parlamentare è stato allontanato dal suo incarico perché ritenuto “indifendibile” per il covid, per le sue idee violate, per il fatto che ha tentato la fuga, perché trovato persino in possesso di sostanze stupefacenti.

Umanamente, è una persona che ha riconosciuto il suo errore e ha chiesto scusa e per questo ha il mio rispetto, perché lui solo sa la vergogna che starà provando per l’ assurda figura, per lo scandalo( parola che mi riservo di spiegare in un post ulteriore).

Ancora una volta però non posso che fermarmi a riflettere su come i valori cristiani e la politica internazionale stiano in mano a persone che fanno solo male al vangelo e alla missione del cristianesimo. Persone che si elevano al di sopra di tutti i mali del mondo per condannarli a parole per poi dimostrarsi fallaci più degli altri, sepolcri imbiancati pronti a giudicare tutti. Per questo, tutti noi prima di criticare e giudicare dovremmo ricordare la storia della tentata lapidazione dell’ adultera, con la pietra in mano ci siamo noi e spesso ci ricade addosso miserevolmente. Cioè, ti puoi elevare a difensore dei valori cristiani, crociato del puritanesimo, estremo baluardo della moralità, ma prima devi assicurarti di essere credibile, certo di essere non soltanto nel giusto, ma di essere tu stesso “giusto”.

Se giusto non sei…


Matteo 2327.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro so pieni di ossa di morti e di ogni putridume.  Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità.


martedì 1 dicembre 2020

La dipartita di un servo inutile

 Un camaleonte sull’ altare


Avrei volentieri fatto a meno di parlare di questo argomento, preferendo sicuramente qualcosa di meno pesante e doloroso magari, purtroppo però non posso esimermi dallo spendere qualche riga per un evento che mi ha fatto riflettere. La mia comunità parrocchiale purtroppo in questi giorni piange un nuovo lutto e questa volta si tratta di una persona davvero silenziosa, ecco si lo definirei così, è la descrizione più giusta. Il silenzio a volte non è poi così scontato, siamo sempre abituati allo strepitio di tutti quelli che in qualche modo vogliono farsi notare a volte anche in maniera grottesca e quando ci capita qualcuno che preferisce tacere, il suo silenzio lo percepiamo solo quando la persona per un motivo qualsiasi si allontana. Queste sono le persone del fare, quelle che si espongono solo con i fatti, lasciando agli altri la propaganda, il chiacchiericcio. Sono, quelli che il vangelo chiama i “servi inutili”, che non si aspettano nulla in cambio né in ringraziamenti né in  inutili glorie effimere. E se pure nei post precedenti ho parlato della necessità di coltivare ancora il dialogo e l’ ascolto, ecco che ora, bislacca-mente, mi tocca paradossalmente elogiare il silenzio come mezzo di comunicazione.

Il silenzio è un mezzo di comunicazione potente se vuoi “spiegare” un modo di essere, ma è anche un’ arte difficile da apprendere, specialmente per un logorroico peripatetico come me. E quindi ancora una volta mi ritrovo ad imparare qualcosa nella mia vita e per la vita. Il silenzio di questa persona mi mancherà perché col suo semplice fare senza dire, senza parole, ha mostrato a tutti la vera essenza del servizio, riusciva pur restando in vista e in primo piano a scomparire alla vista di tutti, quasi mimetizzato con l’ altare mettendo in risalto l’ unica cosa importante  in una comunità parrocchiale: il Tabernacolo.

È un insegnamento che non sapevo  stessi apprendendo . Me ne sono accorto solo oggi durante la messa esequiale quando ho preso il suo posto nelle sue mansioni. Ho capito che era un passo avanti a tutti perché era invisibile.

Possiamo parlare, discutere anche litigare, ma il vero lavoro non ha bisogno di grossi discorsi, di linguaggio forbito, ha bisogno di mani che fanno. Anche i funerali sono stati spartani e ci ha lasciati, infine, esattamente come aveva vissuto, senza strepiti, senza clamore con un grande dignitoso silenzio…

Un esempio per tutti.