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venerdì 18 dicembre 2020

Dio esiste?

 Un' interpretazione bislacca...



Un uomo, molto devoto, che credeva in Dio fortemente e aveva speso tutta la sua vita a lodare Dio e a comunicarlo agli altri, una mattina si svegliò e mentre rifletteva tra se e se fu assalito da un piccolo dubbio. La domanda che gli si insinuò nella mente era: ”Io so che Dio esiste, da una vita intera lo credo, ma se io avessi torto?” Questo pensiero crebbe in lui in maniera sempre più penetrante tanto che ebbe bisogno di soddisfare questa sete di conoscenza. Lì vicino sapeva che l’ illuminato Gautama Syddharta, il Budda, avrebbe potuto rispondere a questa domanda per cui di buon mattino vi andò. Il Budda era sotto una pianta su un’ altura e sotto di lui, più a valle, un notevole numero di devoti che più o meno cercavano risposte a domande simili. Lui si mise nell’ ombra dove non poteva essere riconosciuto e aspettò che Gautama lo notasse. Il Bubba a un certo punto aprì un occhio lo guardò e molto amorevolmente gli chiese cosa desiderasse. 
“Dio esiste?” gli chiese, e il saggio seccamente gli rispose “No”. Allora tutte le persone che stavano in basso cominciarono a vociferare, chi per la gioia, chi per delusione ma tutti convennero che il Budda avesse finalmente dato una risposta e cominciarono a festeggiare. L’ uomo andò via perplesso e un po’deluso ma in fondo anche lui aveva saputo la risposta. Siddharta richiuse gli occhi e continuò la sua meditazione.
Un altro uomo più tardi, un ateo convinto, anche lui pieno delle sue convinzioni tanto da aver basato la sua vita sulla certezza dell’ assoluta mancanza di un Dio, cominciava a farsi delle domande strane. Era certo della inconsistenza della teoria divina eppure un piccolo dubbio si insinuò nelle sue certezze. Se Dio fosse reale, se davvero potesse esserci da qualche parte un’ entità diversa capace di giudicare la vita umana e le sue azioni, allora lui si sarebbe trovato in una situazione davvero difficile dato le sue convinzioni. Aveva bisogno di sapere, e presto! Era venuto anche lui a conoscenza della presenza dell’ illuminato. Anche lui si mosse e la sera stessa si recò dal saggio che ancora era in meditazione, mentre tutta la folla ancora era intenta nei festeggiamenti. Rimase in piedi in attesa. Siddharta percepì la presenza, aprì un occhio lo osservò e gli chiese cosa volesse. 
“Dio esiste?” Chiese l’uomo e la risposta fu secca ancora una volta: “ Si, Dio esiste”.
Tutti i convenuti allora emisero un boato di disappunto, erano di nuovo al punto di partenza. L’ uomo tornò a casa anche lui deluso ma con una risposta alla sua domanda.
Il perché ancora oggi in oriente si racconti questa storia, dopo tanti secoli, sta a significare che ancora una risposta definitiva e uguale per tutti non siamo riusciti a trovarla. In realtà la parabola termina con un terzo uomo che con la stessa domanda non riceve risposta eppure ritorna a casa appagato e non deluso a differenza degli altri.
La cosa è molto simile ad un avvenimento evangelico molto forte. Quando Pilato chiede a Gesù cosa sia la verità. In cambio riceve il silenzio.
Quel silenzio spetta a ognuno di noi riempirlo perché Dio non è qualcosa che si possa “raccontare”. L’ esperienza del divino è personale. La vera risposta è nella ricerca; se uno crede o non crede si trova psicologicamente nello stesso stato. La ricerca invece apre la strada per la scoperta. 
Un vecchio detto dice “ Chi si mette in cerca di Dio lo ha già trovato”. I preconcetti non portano alla verità. Per trovarla occorre aprirsi al mistero. La strada resta sempre lunga e difficoltosa perché si tratta di conoscere qualcosa che la mente non può assimilare senza un aiuto esterno e illuminato. Gli uomini della storia hanno le loro certezze ma vengono disarcionati dalle loro convinzioni da un piccolo dubbio. La ricerca deve partire dall’ umiltà di sapere di non bastare a se stessi, abbracciare il mistero quindi per essere illuminati dall’ alto.

domenica 22 novembre 2020

Un Re dalla corona di legno

 

Il re dell’Intero Universo?


Oggi si chiude l’anno liturgico. Un anno molto particolare per tanti motivi, primo tra tutti naturalmente, questo distanziamento dovuto al virus,ma non solo per questo. Tutta la Chiesa in questi tempi viene continuamente scossa da tante situazioni che le rendono vita difficile sia internamente che dall’esterno. Vengono attaccati i suoi principi etici, viene messo in discussione tutto il suo magistero perché la mentalità dominate non accetta la dottrina nella sua ortodossia. Nonostante tutto noi continuiamo a rivolgerci al Signore come nostro Re e sono passati ormai duemila anni dalla Sua comparsa sulla terra. Perché la figura di Cristo ancora oggi è così controversa? Ho provato a darmi una spiegazione plausibile, e sono arrivato ad una mia conclusione, naturalmente limitata e parziale, dati i pochi mezzi della mia mente bislacca.

Da quando l’uomo ha cominciato a vivere in comunità, sin dai tempi remoti, qualcuno ha sempre prevalso sugli altri conquistando il potere. Divennero re, a volte imperatori e si mostravano al popolo ostentando la loro supremazia con dei simboli visivi. Anche oggi è così negli stati dove regna la monarchia. Non è semplicemente una manifestazione di ricchezza, ma proprio una barriera che separa il popolo da un capo che, vuoi per dinastia, vuoi per una scalata personale, crea un limite invalicabile. Questi simboli sono sicuramente due e sono praticamente uguali per tutte le monarchie. Inutile soffermarci più di tanto; la corona e lo scettro sono i simboli indiscussi del re.

Eppure, tutte le monarchie, prima o poi sono destinate ad essere rimpiazzate. Cadono, vengono ristabilite, alcune vengono addirittura cancellate dalla memoria storica, esempio quella egizia di Akenathon, il faraone che volle promuovere in Egitto il culto dell’unico Dio e che per questo, alla sua morte, fu cancellato da tutti i memoriali storici del popolo, perfino ogni sua effige dai monumenti.

La corona è il simbolo della regalità, e deve essere imponente, addirittura pacchiana, ricoperta di pietre preziose che indicano l’ indistruttibilità del casato, ma soprattutto deve essere di oro, il metallo dei re.

Purtroppo però la corona può passare da una generazione all’altra, ma non può dare l’immortalità al singolo regnante che resta pur sempre un uomo finito.

Il nostro Signore invece non ha scelto questo metallo per la sua vita e se pure nei vangeli si parla di alcuni doni a lui fatti in questo materiale, non lo ha utilizzato come simbolo del suo messaggio.

Il materiale che lo ha accompagnato per la Sua vita in questo mondo è stato il legno.

Quando si parla della mangiatoia, io la immagino di legno, il suo lavoro era il falegname e quando ha dovuto scegliere la sua corona ha scelto quella di spine, di legno anche quella evidentemente.

Davanti a Pilato fu visto come un re da burla con una corona e uno scettro che lo denigravano eppure, il Suo Regno è ancora forte e saldo.

E il segreto è poprio lì! Tutto quello che è ostentazione, simbolo di ricchezza e potere è ambito, invidiato, voluto, ma tutto quello che è umiltà, povertà e perfino dolore, resta lì non lo vuole nessuno, non è agognata la povertà. E così Nostro Signore ha fondato il Suo regno su un pilastro che nessuno avrebbe mai voluto scardinare. Nessuno dopo di lui ha voluto una corona di spine in testa ed è per questo che il Suo regno è e resterà sempre inattaccabile, eterno. Dio non pensa secondo il nostro modo, ci supera in tutto. Chi vorrebbe morire oggi e in qualsiasi epoca per fare del bene ai propri persecutori, ai propri aguzzini?

E così una corona di legno usata come simbolo d’infamia è diventata il vero simbolo di un regno eterno di salvezza per tutti i popoli. Solo Dio poteva pensare ad una cosa simile, questo pensiero non può essere umano. E se da un lato i detrattori della Chiesa continuano a non voler capire dall’altro nessuno può togliere il potere a questo Dio perché non sulla ricchezza è basata la sua Potenza, ma sul perdono e sulla carità pagata con la sofferenza.