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sabato 27 novembre 2021

Finisce un ciclo...i miei primi cinquant' anni

 
Vita

Ultimo giorno dei "40": il quasicompleanno

È così, sono arrivati anche i 50.
Una decade difficile quella trascorsa, tante cose. Un susseguirsi tumultuoso di avvenimenti, azioni, dolori ma anche gioie e piccole soddisfazioni che hanno bilanciato il tutto.
I quaranta sono iniziati in ospedale a combattere a fianco della persona che per tanti anni è stata la mia guida e la mia protezione. Ho visto come un uomo che stimavo indistruttibile venisse progressivamente debilitato dal suo stesso corpo. 
Tante cose su cui riflettere, sulla vita in sé, sul fatto che il corpo sia il supporto biologico di essa, di quanto possa inverosimilmente incarcerarla.
E poi la morte, il dolore frammisto al senso liberatorio dalla sofferenza, sentimenti difficili da spiegare e anche da comprendere per me stesso.
Le difficoltà del contingente, sbarcare il lunario, darsi da fare, insieme alla consapevolezza confermata di una Provvidenza che comunque non si è mai fermata di darmi il "pane quotidiano".
Il mio accolitato, il mio diventare "seguace" di un Dio invisibile eppure sempre presente intorno e "dentro".
Poi loro, la mia famiglia, i loro visi, il loro fiato "la balaustrata di tenerezza ove appoggiare la mia malinconia" come diceva Ungaretti. Il mio balsamo e il mio sprone!
Tutto si compie, tutto si rivela, col tempo, osservando quello che ci capita con uno sguardo più ampio. C'è sempre un motivo, nulla è per caso. Ogni giorno è un tassello di un mosaico e per capirne il disegno ti ci devi allontanare, vederlo nell' insieme. Non è lasciare che la vita trascorra da sé, anzi, è un conquistarne gli spazi pienamente, cercare di colmare i più piccoli anfratti del proprio essere, della propria esistenza. Esserci qui ora consapevolmente, usare tutto senza attaccarsi a nulla, "costruire il ponte ma non farci una casa". Tutto scorre e tutto deve essere "fermato", in me, nella memoria nel mio bagaglio a mano che mi porto appresso.
Così sono qui a fare il resoconto di questo mezzo secolo, dell' acqua passata sotto i ponti, io sempre lo stesso ragazzino di allora, quello col ciuffo e il maglioncino rosso delle medie, solo un po' più bianco. Corona di saggezza è la canizie, cita la Bibbia, chissà se è vero, se ci abbiamo davvero messo un po' di sale sotto questo berretto che mi porto appresso. Non lo so, ci proviamo. 
Ma questo è anche il momento dei ringraziamenti, a tutti, da Dio a chiunque sia passato  nei miei pensieri tra le pieghe della mia fronte aggrottata, chiunque in qualche modo mi abbia stimato e perfino quelli che da me si sono allontanati, dimostrandomi con i fatti che si può vivere anche senza la loro zavorra. 
Grazie per tutto quello sul quale il mio occhio si è posato.
Adesso si va avanti con la solita voglia curiosa e anche timorosa di vedere cosa ci sia oltre ogni giorno, ogni respiro...
Continuiamo a camminare col le scarpe e sotto un protettivo berretto ma con la mente sempre più bislacca!



domenica 7 marzo 2021

Morte , vita e mensa benedetta

 Tutto è in equilibrio,



Strano ma se ci facciamo caso, se solo ci fermiamo un attimo a riflettere sulla nostra esistenza, ci rendiamo subito conto di quanto siamo legati alle vicende del Cosmo, e di come tutti gli esseri viventi siano interconnessi tra loro. Anche questa strana pandemia che così tanto ha modificato le nostre abitudini, in realtà dovrebbe farci comprendere quanto sia precario il nostro esserci, qui, in questo momento. Eppure non ci facciamo caso, continuiamo a vivere da “immortali” come se non dovessimo anche noi ritornare a pianeta, al Cosmo. Siamo fatti di Cosmo, eppure non c’è ne preoccupiamo.
Ma non sarà questo un pensiero ecologista in senso stretto, quanto più una considerazione sul nostro rapporto con gli altri esseri viventi che ci esistono intorno e che in qualche maniera diretta o più blanda entrano nella nostra esistenza, e diventano parte di noi e della nostra vita.
Noi siamo fatti di questo pianeta, le nostre molecole ne sono piene, siamo immersi profondamente in esso e non solo perché lo abitiamo ma anche e soprattutto perché è lui ad abitarci a darci il supporto biologico per la nostra vita. Ci nutriamo del pianeta e tutto quello che noi siamo proviene da qui, dalla terra, dall’ acqua attraverso un processo continuo di vita e di morte. Ci nutriamo di esseri viventi, non ci pensiamo e per farlo dobbiamo per forza causare la morte di altri esseri. Che siano animali o piante poco importa sono esseri viventi ai quali dobbiamo togliere la vita per renderli commestibili e farli entrare nel nostro corpo.
Nessuno fa mai questa considerazione, ma realmente siamo il risultato del sacrificio esistenziale di altra vita e tutto viene sempre fatto in maniera cruenta inevitabilmente. Un animale deve essere ucciso, con spargimento di sangue, un cavolo deve essere reciso con una lama, una carota estirpata dalle sue radici.
Oramai è pensiero comune che tutto avvenga sempre con una certa forma di crudeltà e di dolore. Certo nel caso degli animali la cosa è più visibile, perché non possono essere uccisi con una sostanza chimica che li renderebbe non commestibili, però pare che anche i vegetali abbiamo, se pure in una forma diversa, la percezione del dolore seppure sprovvisti di un sistema nervoso.
Qui nasce un problema forse etico, forse morale o religioso e cioè se sia giusto in qualche modo, procurare dolore per la sopravvivenza di altri. In natura tutto ciò che è vivo deve la vita alla morte altrui, perciò siamo portati a pensare che sia normale e continuiamo a mangiare noncuranti di nulla, ma io non sarei così sicuro perché c’ è una dimensione che non consideriamo.
Il dolore non è qualcosa di semplicemente fisico e basta infatti anche nel parlato usiamo delle espressioni che richiamano una dimensione extra fisica, utilizziamo la parola “male” per indicare una sofferenza di qualsiasi tipo. “sto male!” una frase che utilizziamo sia per il fisico che per l’ anima e che richiama una dimensione spirituale. Il dolore porta sempre con sé una componente che sopravvive perché in qualche modo trascendente. Questa componente resta in quello che mangiamo, senza volerlo entrerà in noi. La morte di un essere vivente non può essere senza conseguenze, le porta con sé e in noi.
Rileggendo il vangelo riflettevo su un passo che ho trovato strano. Prima della consacrazione del pane Lui lo benedí. Che senso avesse questo rito se stava per compiere qualcosa di più grande con la consacrazione? Credo che la risposta sia proprio in questo, il pane offerto doveva essere prima mondato.
Così anche per noi che tutti i giorni immettiamo in noi il cibo oltre a ringraziare per questa provvidenza dovremmo benedirlo, perché il Bene possa scacciare quel male che inevitabilmente abbiamo causato troncando una vita. La benedizione delle vivande non è solo un rituale di ringraziamento, è anche un atto curativo e un modo per prenderci cura di noi stessi.
Non abbiate paura può farci soltanto del Bene.

giovedì 17 dicembre 2020

la confort zone...un appoggio per piccioni

 

Piccole evasioni tra le routine della vita…



Lasciare la sicurezza di un angolo comodo della mente per affacciarsi all’ignoto può spaventare ma è l’unica cosa che affrontata può dare una spinta maggiore al corso degli eventi.
Devo dire che realmente i momenti di crescita sono proprio quelli in cui si lascia la tranquillità della zona di confort. Ci creiamo zone della mente, angoli in cui rifugiarci, dove stiamo tranquilli e possiamo controllare tutto, eppure, a volte inevitabilmente abbiamo la necessità di spostarci verso qualcosa di ignoto, un viaggio, un nuovo lavoro, una situazione inaspettata, un problema da risolvere e allora la cosa ci sorprende e ci mette nel panico per la paura di quello che possa accadere. In realtà superare la barriera della nostra insicurezza ci aiuta a crescere e affrontare nuove situazioni ad avere un bagaglio di conoscenze più pieno.
“Impara l’arte e mettila da parte” recita un antico adagio e per farlo occorre superare la routine della quotidianità. Anche fare sempre un’unica attività in maniera monotona diventa un “luogo chiuso” dove ci si rifugia per non compromettersi con altro. Tutto questo però non si può definire una vita piena e libera perché anche mentalmente ci si può incarcerare in convinzioni, luoghi, o situazioni. Sono spazi angusti dove la mente (sana o bislacca che sia) e poi tutta la persona non ha libero movimento, si atrofizza, si calcifica ogni sentimento di libertà.
La cosa non è facile, occorre un forzatura sulla nostra volontà che tenta sempre di rimanere al calduccio in un angolino comodo. Mettere in conto anche un eventuale fallimento, ma riuscire a farlo, mettersi in gioco diventa evasione che si trasforma in esperienza. Per questo la nostra crescita è l’insieme di tutte le nostre evasioni tra una routine e l’altra.
La proposta quindi, in tutti i settori è quella di provare sempre nuove cose finché siamo in grado di muoverci, camminare, guardare e usare tutti i sensi.
Vorremmo a volte rimanere in una condizione tranquilla e sicura ma noi non siamo statue. L’altro giorno vedevo un video in cui un uomo, un artista di strada, si esibiva nel numero della statua vivente. Truccato come il bronzo, si muoveva solo quando qualche ragazzino curioso gli offriva qualche spicciolo. Tra un movimento e l’altro rimaneva perfettamente immobile tanto che dei piccioni, gli si posavano addosso come se davvero fosse una statua di metallo fuso. Ecco questo è proprio il male peggiore che possa capitarci, essere, diventare o venire considerati delle persone addormentate alla vita. Ogni occasione per vivere, quindi, che non viene usata, è irrimediabilmente persa. Non è bello essere un appoggio per piccioni.

sabato 28 novembre 2020

Uno scatto di anzianità

 

Il vino migliora invecchiando...fosse vero!

bislacca-mente 49 anni
(Yogs ed età)

E invece no, ad un certo punto della vita, e capita improvvisamente, pare che tutte le cellule del tuo corpo prese da una foga di anarchia totale decidano di fare ognuna di testa propria, senza avvertirti, senza chiederti il permesso. I capelli ti lasciano e i restanti si incanutiscono, alcuni bulbi piliferi invece decidono di impiantarsi imprevedibilmente nei punti più inaspettati, il naso, le orecchie, cose mai viste prima che Blade Runner levati proprio ( “ho visto cose che voi umani...”per chi non avesse capito il rimando), per non parlare dei peli del petto che d’improvviso ti diventano bianchi, ma non interamente o con un senso logico, ma a chiazze! E poi i rumori vari che ti inseguono, i ronzii nelle orecchie, gli scricchiolii nel collo che più che una cervicale pare che nel collo si sia stabilito definitivamente un maraquero con le sue maracas a corredo. La mattina scendere dal letto diventa sempre più fastidioso, srotolarsi per raggiungere una posizione meno imbarazzante di quella fetale può diventare una cosa impervia.

Comunque sia, il tempo passa, le esperienze, belle o brutte che siano, si accatastano giorno dopo giorno in questo schedario un po’ liso della memoria e si trasformano a volte in rimpianto, altre in nostalgia che si affaccia di tanto in tanto e ti ripropone visi di persone lontane partite per mete indefinite.

Nonostante tutto però, la consapevolezza di esserci, di poter osservare ancora volti amici, persone amate di cui prendersi cura e che a loro volta si curano di te non può che riempirti di gratitudine per il semplice fatto di respirare ancora i profumi di una vita che comunque va avanti con i suoi affanni, le sue gioie uniche e irripetibili di ogni istante trascorso a contemplare questo universo che è qui per noi per la nostra soddisfazione per essere ammirato.

Aggiungiamo allora un altro scatto di anzianità al contatore inesorabile della vita, grati per quello che ci passa questa esistenza , le sue sfumature, per le persone che ci sono, per quelle che ci sono sempre state, per quelle che volutamente o meno si sono allontanate ma che comunque hanno lasciato un segno che resta a rumoreggiare nei battiti a volte più chiassosi dello scricchiolio del collo.

Tanti auguri quindi a me per questi quaranta nove amici che mi porto appresso, a questa mente-bislacca che tra le scarpe e il berretto rimane ancora lo stesso sognatore di sempre, l’eterno adolescente che non vorrebbe mai invecchiare e che rimane incastrato spesso nelle sue metafore logorroiche e un grazie a coloro che hanno la pazienza di ascoltare o leggere le facezie che lascio in giro al mio passaggio

venerdì 27 novembre 2020

La balla del libero arbitrio...allacciate le cinture!

 

Il nostro"libero arbitrio"
(Il nostro"libero arbitrio")

Siamo o no liberi di scegliere?

Questa è una domanda che spesso ci facciamo quando parliamo di religione ma anche quando ci muoviamo in altri settori della vita. Siamo realmente noi i protagonisti delle nostre decisioni e meglio ancora, siamo noi a scegliere quello che vogliamo fare o in qualche modo siamo condizionati dall’esterno, dalle altre persone o dalla mentalità dominante? E nella sfera teologica? Siamo cioè davvero liberi?

Per me la risposta è relativamente semplice da dare. Penso proprio di no.

Per tanti secoli la chiesa cattolica ci ha spiegato che siamo creature dotate di intelletto e che possiamo usarlo per accettare o meno la volontà di Dio, che possiamo anche voltargli le spalle ma io leggendo e rileggendo la Sacra scrittura tutto questo non l’ho mai trovato e credo che neanche la chiesa abbia mai inteso questo concetto in maniera così stretta. Naturalmente il viaggio che stiamo per fare deve poi ritornare a dei principi che possano essere condivisibili nel mondo circostante, per cui salperemo dal molo della religione per attraccare alle terre emerse della società in cui viviamo.


Già dai primi passi della Bibbia si legge che l’uomo si ribella al suo Creatore in maniera evidente. Dio gli “ordina” di non mangiare dell’albero della vita e lui puntualmente trasgredisce il comando. In seguito la storia si ripete più volte in maniera diversa ma comunque con esiti per lo più uguali. Ogni volta cioè che l’uomo contravviene ad un comando assegnatogli dal creatore, lo stesso infligge al malcapitato una punizione. Ancora possiamo parlare dei comandamenti, che si chiamano appunto così, perché sono indipendenti dalla volontà dell’uomo di accettarli ed eseguirli. Inoltre a corollario di dette regole il signore dona anche delle pene espiative da eseguire per i trasgressori, fino ad arrivare, per i casi più gravi, alla morte come nel caso della bestemmia o dell’adulterio.

Occorre però fermarci un attimo nella nostra navigazione e gettata l’ancora cercare di scendere un po' in profondità per capire meglio alcuni concetti. Come mai l’uomo ha bisogno di essere corretto, anche punito se poi parliamo di libero arbitrio? Quale senso può avere un atteggiamento simile. Allontaniamoci allora per un momento dalla sacra scrittura, dalla legge ebraica per entrare in un insieme di regole a noi più familiari. Prendiamo come esempio il codice della strada e in particolare la legge sulla sicurezza che riguarda le cinture a bordo. In realtà la legge entra nell’abitacolo del veicolo e ci impone di allacciarle. Se le forze dell’ordine ci dovessero fermare con le cinture non allacciate sicuramente ci verbalizzerebbero una multa salata. Molti non comprendono ancora oggi le motivazioni che muovono lo stato a compiere simili gesti, in fondo la sicurezza riguarda soltanto noi. Fatto sta, però, che la paura della multa ci “obbliga” a proteggerci col dispositivo e in questo modo , in caso di incidente, molte volte anche ad uscire illesi da uno scontro. Tante persone possono raccontare questi fatti grazie ad un riflesso di una legge e per la paura di un eventuale provvedimento ad esso correlato. Diciamo che per i comandamenti avviene la stessa cosa, si parla di inferno, di supplizio eterno, di legge, tutte cose che esulano le nostre libere intenzioni e vanno anche queste viste in un’ottica di salvezza individuale; per raggiungere quello che chiamiamo Paradiso che altro non è che la vita in Dio, bisogna essere santi proprio perché Dio stesso è Santo. Queste regole servono per questo, per non allontanarci e cadere così in un gorgo peggiore che è quello di perdere la possibilità di una vita piena.

Tutto questo naturalmente ha il suono di una lontana campana aleatoria se non la contestualizziamo nella vita di tutti i giorni. A questo punto pensare che il libero arbitrio sia davvero possibile mi diventa davvero complicato da sostenere. Se mi trovo a percorrere una strada a senso unico e raggiungo un bivio con due cartelli che mi indicano per esempio da un lato “Bologna” e dall’altro “ Milano”, posso davvero decidere liberamente la strada da percorrere. Ma se si cartelli mi indiano da un lato “Milano” e dall’altro “STRADA INTERROTTA STRAPIOMBO DI 300 M”, allora avrò si la possibilità di accedere a quella via ma solo se ho intenzioni suicide. Per farla breve, nel secondo caso anche se all’apparenza può sembrare che la decisione possa essere presa da me, in realtà devo sottomettere la mia volontà a quella di chi ha cominciato i lavori o almeno a quella di chi ha messo quel cartello.

In ogni situazione della vita, in ogni contesto ci troviamo: politico, sociale, religioso le regole sono fatte per permettere la convivenza tra le persone e per farle comminare tutte in una stessa direzione, verso un progetto comune. Dal punto di vista religioso il motivo è abbastanza intuitivo in quanto siamo tutti immersi in un progetto di salvezza universale che implica tutti e che prescinde la volontà del singolo. Immaginate se tutti i progetti divini potessero essere messi in crisi da una singola persona che volesse decidere di fare di testa propria. L’intera umanità bloccata con le quattro frecce per colpa di uno o pochi individui ribelli. Il concetto è improponibile già nella sua formulazione. Ma anche in tutti gli altri settori la cosa non è molto diversa, quei pochi anarchici che ogni tanto si affacciano alla storia vengono presto messi a tacere perché il bene comune supera ogni diritto privato alla ribellione, per questo esistono le leggi, per questo esistono anche le punizioni espiative.


In questo periodo così cupo per tanti motivi che viviamo, i negazionisti, i “contrari a prescindere”, i complottisti non fanno altro che procurare malcontento, caos e incertezze che non approdano da nessuna parte, questa non è libertà di opinione né esercitare il libero arbitrio ma solo un vano tentativo di dare fastidio. Urge da parte di tutti un ritorno alla coerenza e alla coesione per uscire insieme al più presto da questa brutta situazione che ci ha fermati ad un angolo.

Ma il mio scopo non era fare la morale a nessuno ma solo portarvi in giro da un lato all’altro della mia mente_bislacca...

lunedì 23 novembre 2020

IL running...metafora della vita

 

Da un po' di tempo ho scoperto il piacere di correre.

 Prima non riuscivo a comprendere tutte quelle persone che di buon mattino, buttandosi giù dal letto, si mettono addosso tenute ridicole dai colori più improbabili per andare a sudare, senza un particolare motivo, senza un’urgenza incombente. Pensavo che io non l’avrei mai fatto senza un pericolo di vita impellente o di evacuazione ( il riferimento ai servizi di prima necessità mattutina è del tutto casuale). Poi sono caduto, anche io nel gorgo mentale, del “ci voglio provare”, questo buco nero della volontà che in maniera irrazionale assorbe in se ogni buon senso e ti fa fare cose del tutto assurde che nessun essere vivente pensante farebbe mai di sua spontanea volontà. Così mi ritrovo anche io, la mattina ad orari assurdi, dove neanche il gallo più insonne oserebbe alzare lo sguardo e se lo fa è solo per guardarti con biasimo. a fare esercizi di allungamento per riscaldare i muscoli per evitare strappi che se fossi rimasto a letto al caldo, nessuno ti avrebbe strappato nulla.

E poi correre, correre per chilometri e chilometri, sudare, stancarsi quando potresti benissimo rimanere a russare senza vergogna fino a tarda mattinata. E invece no, non si sa per quale strano meccanismo ci provi e ti accorgi che ti piace e che nonostante la fatica, i dolori ai muscoli, ai legamenti, non riesci più a farne a meno, diventa una droga che poi sai che ti mancherà quando per qualche motivo non potrai perpetuarlo.

La pace, l’aria fresca del mattino, gli odori, i colori che si possono ammirare all’alba sono qualcosa di straordinario che solo chi fa queste uscite può comprendere.

Durante le mie corse, a volte, decido di fissare una meta che sarà la metà del percorso, normalmente uso un antico monumento per girarci intorno. Alla metà del percorso mi capita spesso di avere un certo senso di compiacimento perché so che da quel momento in poi la strada che dovrò percorrere sarà ad ogni passo sempre più breve e potrò finalmente rilassarmi e tornare a casa. Durante la corsa, trovo sempre qualcuno che come me fa la stessa strada, non so chi sia, da quanti chilometri stia sudando, né quanto sia fresco, per cui mi metto a lato della carreggiata e lo faccio passare, in fondo non è più questa l’età di gareggiare con nessuno, non sarebbe utile né per me né per lui, al massimo gli sarei d’ intralcio. Poi penso, però, che in fondo questa sensazione euforica che sto sentendo per aver raggiunto la meta di mezzo non sia poi così giustificata, in fondo nessuno mi costringe a correre, è qualcosa che mi piace che voglio fare io! Così la soddisfazione per i risultati ottenuti, si vela di un senso  sottile di  amarezza per il fatto che presto sarà terminata la corsa.

Così ci ho fatto caso e ho compreso che tutto questo per me ha il valore di una metafora perfettamente applicabile alla mia vita.

Già da qualche anno mi sono accorto di aver raggiunto e superato il “monumento” del metà percorso, ci ho girato intorno e me lo sono oramai lasciato alle spalle. Si, per quanto bene mi possa andare sono consapevole che quello che mi resta da percorrere sarà comunque meno della strada compiuta. Non so ancora quante storte, quanti accidenti troverò per strada, certo molte cose le ho imparate all’andata per cui ho molta più esperienza, forse so come distribuire meglio le energie, il fiato, ma dentro ho un certo senso di amarezza, perché nonostante la fatica, il sudore, i vari acciacchi questo esserci a correre mi piace e mi piacciono le persone che incontro e vedere da lontano anche la loro di corsa, i paesaggi che si presentano ai miei occhi. Pertanto così un po' bislacca-mente continuo a correre sulla strada, e nella vita, con le mie scarpe e il mio berretto entrambi di colore rosso, sperando che quello che mi resta da fare, da vedere correndo o camminando sia sempre così pregno di profumi, di colori, salite, curve e speriamo anche qualche riposante discesa.

sabato 12 novembre 2016

La fetta del tempo risana il bernoccolo

La vita mi riserva sempre cose interessanti
e alcune volte piacevolmente inaspettate.
Non credevo potessi trovarmi cosi bene
con persone che arrivate dal nulla
mi hanno riempito le giornate.
Un' intesa eccezionale mai trovata prima.
O forse si ma solo pochissime volte.
Mi auguro che questa sensazione
e questa intesa assolutamente
pulita e spassionata possa continuare a lungo
in una amicizia duratura.
Anche oggi la mia giornata è stata fruttuosa
e ricca di vita...
Poi sapere di una caduta di un nipote
e di un bernoccolo in testa e ricordarsi
di quelli miei alla loro età.
Della cento lire per fermare il gonfiore.
I rimedi empirici delle nonne
che non è che facessero davvero effetto
servivano a metterti al centro dell' attenzione
cosa che ti faceva sentire subito meglio.
E così anche questo giorno va via e
porta con se una piccola fetta di tempo,
una torta molto importante e preziosa
ma anche troppo gustosa da non
essere gustata!