lunedì 23 novembre 2020

IL running...metafora della vita

 

Da un po' di tempo ho scoperto il piacere di correre.

 Prima non riuscivo a comprendere tutte quelle persone che di buon mattino, buttandosi giù dal letto, si mettono addosso tenute ridicole dai colori più improbabili per andare a sudare, senza un particolare motivo, senza un’urgenza incombente. Pensavo che io non l’avrei mai fatto senza un pericolo di vita impellente o di evacuazione ( il riferimento ai servizi di prima necessità mattutina è del tutto casuale). Poi sono caduto, anche io nel gorgo mentale, del “ci voglio provare”, questo buco nero della volontà che in maniera irrazionale assorbe in se ogni buon senso e ti fa fare cose del tutto assurde che nessun essere vivente pensante farebbe mai di sua spontanea volontà. Così mi ritrovo anche io, la mattina ad orari assurdi, dove neanche il gallo più insonne oserebbe alzare lo sguardo e se lo fa è solo per guardarti con biasimo. a fare esercizi di allungamento per riscaldare i muscoli per evitare strappi che se fossi rimasto a letto al caldo, nessuno ti avrebbe strappato nulla.

E poi correre, correre per chilometri e chilometri, sudare, stancarsi quando potresti benissimo rimanere a russare senza vergogna fino a tarda mattinata. E invece no, non si sa per quale strano meccanismo ci provi e ti accorgi che ti piace e che nonostante la fatica, i dolori ai muscoli, ai legamenti, non riesci più a farne a meno, diventa una droga che poi sai che ti mancherà quando per qualche motivo non potrai perpetuarlo.

La pace, l’aria fresca del mattino, gli odori, i colori che si possono ammirare all’alba sono qualcosa di straordinario che solo chi fa queste uscite può comprendere.

Durante le mie corse, a volte, decido di fissare una meta che sarà la metà del percorso, normalmente uso un antico monumento per girarci intorno. Alla metà del percorso mi capita spesso di avere un certo senso di compiacimento perché so che da quel momento in poi la strada che dovrò percorrere sarà ad ogni passo sempre più breve e potrò finalmente rilassarmi e tornare a casa. Durante la corsa, trovo sempre qualcuno che come me fa la stessa strada, non so chi sia, da quanti chilometri stia sudando, né quanto sia fresco, per cui mi metto a lato della carreggiata e lo faccio passare, in fondo non è più questa l’età di gareggiare con nessuno, non sarebbe utile né per me né per lui, al massimo gli sarei d’ intralcio. Poi penso, però, che in fondo questa sensazione euforica che sto sentendo per aver raggiunto la meta di mezzo non sia poi così giustificata, in fondo nessuno mi costringe a correre, è qualcosa che mi piace che voglio fare io! Così la soddisfazione per i risultati ottenuti, si vela di un senso  sottile di  amarezza per il fatto che presto sarà terminata la corsa.

Così ci ho fatto caso e ho compreso che tutto questo per me ha il valore di una metafora perfettamente applicabile alla mia vita.

Già da qualche anno mi sono accorto di aver raggiunto e superato il “monumento” del metà percorso, ci ho girato intorno e me lo sono oramai lasciato alle spalle. Si, per quanto bene mi possa andare sono consapevole che quello che mi resta da percorrere sarà comunque meno della strada compiuta. Non so ancora quante storte, quanti accidenti troverò per strada, certo molte cose le ho imparate all’andata per cui ho molta più esperienza, forse so come distribuire meglio le energie, il fiato, ma dentro ho un certo senso di amarezza, perché nonostante la fatica, il sudore, i vari acciacchi questo esserci a correre mi piace e mi piacciono le persone che incontro e vedere da lontano anche la loro di corsa, i paesaggi che si presentano ai miei occhi. Pertanto così un po' bislacca-mente continuo a correre sulla strada, e nella vita, con le mie scarpe e il mio berretto entrambi di colore rosso, sperando che quello che mi resta da fare, da vedere correndo o camminando sia sempre così pregno di profumi, di colori, salite, curve e speriamo anche qualche riposante discesa.

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