domenica 13 dicembre 2020

Lamentazioni...di naufraghi tra sciacalli e presepi

 Mi sposto il berretto…


Una settimana, quella che è appena trascorsa molto impegnativa. Sembra quasi che quest’ anno, che sicuramente non dimenticheremo, voglia essere ancora più certo di lasciare un segno profondo del suo passaggio. In una settimana la morte di un simbolo italiano del calcio e non solo, con il tragico epilogo, anche di cattivo gusto del furto nella sua abitazione, la pseudo crisi di governo che mette ancora di più in discussione l’ affidabilità di chi ci sta traghettando tra i marosi di questo periodo così assurdo e ancora le polemiche sulle parole del Papa e su un presepe “particolare” che molti non si aspettavano di vedere in piazza San Pietro. Tutto partecipa ad aumentare un grande caos che ci lascia sospesi senza un punto d’ appoggio di una qualche minima certezza. Adesso una nuova crisi di governo che si prospetta all’ orizzonte con una nuova possibilità di un altro rimpasto governativo, il terzo, che davvero ci lascia senza parole, senza senso, senza nessuna prospettiva. Navighiamo a vista, controcorrente, soli.

La mia personale sensazione è di sconforto per tutto. Da ogni parte mi possa voltare non vedo spiragli di luce, seppure la mia indole speranzosa mi indica di cercare ancora, oltre il buio dei tempi, oltre l’ ignavia di una classe politica dirigente che non ci sa portare da nessuna parte e che ha mollato l’ ancora del proprio tornaconto, se non economico, sicuramente politico ed elettorale.

L’ Italia è ferma con le quattro frecce e aspetta che venga il miracolo, di un vaccino forse, di una ripresa tour court o dell’ intervento di Gesù Bambino che possa cambiare le cose.

E non voglio pensare alla politica estera che da un anno a questa parte vorrei sapere dove stia di casa.

E noi, italiani, in casa ad attendere, anche noi, non sappiamo bene cosa, che passi, che si possa tornare ancora ad una vita normale, a quelle cose cioè, che ci mancano tanto ma che non facevamo neanche prima: abbracciare gli anziani, andargli a trovare nelle case di riposo dove li avevamo parcheggiati in attesa di…tempi migliori, curare e prenderci cura dei più bisognosi di affetto e di  condivisione. E intanto ci riversiamo  tutti sui social a condividere articoli che neanche leggiamo perché l’ unica cosa che ci interessa è il numero dei pollici in su e di essere sempre e comunque contrari a tutto.

Abbiamo bisogno tutti di ritrovare una via di speranza, una lucina che ci faccia risalire  in superficie a respirare, perché non è vero che sia  la mascherina a toglierci il fiato o a danneggiare la salute, queste sono fandonie da complottisti da strapazzo. La vera apnea che ci sta soffocando è questo allontanamento dalla verità dei fatti, questa voglia perversa di dietrologia, che ci possa essere sempre e comunque un complotto alle nostre spalle, per danneggiarci, controllarci e toglierci una libertà della quale, a pensarla bene ci stiamo privando da soli. In fondo siamo noi che aumentiamo i contagi, con la nostra abitudine a non rispettare mai le norme e gli altri, a creare uno stato di terrore verso tutto e infine eleggendo persone del tutto incapaci di affrontare questi problemi ma che in fondo ci rappresentano perfettamente. 

Ma questo è solo uno sfogo di una mente-bislacca che ha avuto una settimana pesante, dispiaciuto per la morte di un grande campione che ha sempre considerato un modello di tenacia e che si è visto offeso nel giorno del suo funerale( sciacalli!). Dispiaciuto di vedere in TV notizie di ancora tanti morti mentre i politici pensano solo alle poltrone e agli inciuci di potere, dispiaciuto infine di vedere la propria religione usata e deturpata per fare like sugli  a- social network, da ignoranti che gettano sempre fango su tutto e tutti.

Pardon, mi rimetto il berretto e la faccio finita!


sabato 12 dicembre 2020

Le comari dei comizi...

 Complotti senza prove...


Uno dei mali di questa nostra età è sicuramente il proselitismo e non solo quello religioso. Parlo di tutto il panorama della vita, delle ideologie, del pensiero. Questa voglia di convincere sempre gli altri delle proprie idee a forza di parole senza mai addurre una qualsiasi prova di ciò che si sostiene, lo reputo un male grave che confonde in maniera pericolosa il vero con verisimiglianza.

Negli ultimi tempi sono apparsi tantissimi movimenti ideologici, etici o pseudo tali  che io reputo molto pericolosi. Dai no Vax ai no global passando per i complottisti cercano di svenderti le loro idee a volte davvero strampalate e i social  potenziano il fenomeno in maniera esponenziale arrivando a toccare perfino l ' incolumità delle persone che convincendosi di astruse teorie decidono di non vaccinarsi e rischiare anche la salute. Senza parlare degli attivisti dei partiti politici che ti propinano il loro cosiddetto “nuovo che avanza” che poi in definitiva, come ci ha sempre dimostrato la storia, di nuovo ha sempre molto poco. Sono i testimoni di Geova delle politica che vengono a bussare alla tua tranquillità e la sconvolgono con le loro idee tracciandoci intorno anche un velo di pericolosa paura. 

Io non sono contro le idee alternative, contro le nuove teorie e neanche contro la voglia di verità lì dove sembra offuscata o addirittura occultata. Tutto quello che si deve proporre però deve essere giustificato con prove alla mano e sul campo dialettico. Chi si mette in cattedra e fa comizi non può che avere ragione se non viene contraddetto da un alter ego che lo possa confutare. Così si ascoltano e si leggono post che mettono addosso paure infondate senza un briciolo di prova circostanziata sulla sanità pubblica, sui dispositivi di sicurezza sull’ esistenza stessa di un virus che realmente ha ucciso senza nessuna pietà 60000 persone.  Tutto questo è inaccettabile, oltre ad essere una gran rottura di scatole perché se hai un minimo di sensibilità, prima di mandare tutti a quel paese, sei costretto ad ascoltare le loro dabbennaggini e quando cerchi di commentare  in maniera sobria ed educata ti dicono che il tuo parere non è necessario alla loro missione. Certo che non lo è! A loro non importa capire le situazioni vogliono solo dare fastidio perché chi non ha altri mezzi intellettuali può solamente essere bastian contrario e gettare fango su tutto. 

Ma di una cosa sono sicuro, seppure io sia solo una mente-bislacca, mi dispiace per tutti i complottisti, gli anti mascherina, i negazionisti ma non riuscirete a mettere tutti in una coltre di diffidenza e di pura. Continuate pure a parlare da soli o tra di voi quattro gatti. Per affermare un’ idea ci vogliono prove e passione e non il proselitismo, quello conquista solo gli ignoranti e i poco provveduti.


martedì 8 dicembre 2020

Se la Speranza è l' ultima a morire...

 Chi visse sperando...


Recitava una frase dei Litfiba di qualche anno fa. Effettivamente questa frase si sente molte volte. Un adagio che viene pronunciato spesso, a volte senza comprenderne il senso vero.

La Speranza, virtù teologale senza la quale tutta la vita appare più cupa e senza motivo. Certo è così, senza la speranza ogni azione diventa fine a se stessa, senza risvolti positivi nel futuro. In realtà la speranza è una finestra aperta sul divenire, ci fa pensare al domani, a quando la situazione momentanea difficile si risolverà e in ultima istanza ad una vita migliore oltre questa passeggera, fallace, caduca.

Inevitabilmente invecchiamo, inevitabilmente le forze si affievoliscono ma la virtù della speranza ci corrobora facendoci pensare a una meta da raggiungere o a un miglioramento, comunque, della situazione attuale. 

Si nasce, si vive, ognuno col suo fardello da portare di ricordi, di vissuto, di dolori e gioie e infine si muore a questa vita e la morte più brutta è quella disperata. I teologi dicono che al termine della vita il “male” , sferrando il suo ultimo attacco, ci faccia vedere tutto il nostro vissuto, quello degli sbagli, dei peccati cercando in ultima istanza di strapparci proprio lei, questa consapevolezza di essere amati da Dio comunque, se ci riesce tutto frana perché senza Speranza crolla anche la fede e senza di essa ci si allontana dalla Carità che come dice San Paolo è  l’ unica che rimane in eterno.

Il detto “la speranza è l’ultima a morire”, quindi, non è giusto perché la speranza è il motore della vita stessa, essa  le dà senso perché ne conserva lo scopo. Il  colore che le è stata attribuita infatti il verde quello della natura, della vita ma anche del IV Chakra, il Chakra del cuore che gli indiani chiamano Anahata, in sanscrito vuol dire “non colpito”. Chi mantiene la speranza non può essere colpito e non viene atterrato.

È un dono che il Creatore ci ha fatto. Sin  dalla creazione del mondo aspettavamo il Messia, quando è arrivato ci ha promesso terra e cielo nuovi, tutto è speranza quindi fa parte di noi. Non è semplicemente un’ elucubrazione di una mente-bislacca è una realtà da custodire nel cuore e nella mente. L’ ateismo ha proprio questo morbo in sé, riesce a togliere lo scopo della vita, i due ladroni ai lati della croce avevano tutto in comune ma in una cosa differivano, uno muore disperato l’ altro no e questo cambia tutto il corso e il senso della loro vita. 

Non facciamoci carpire la speranza, ci saranno cielo nuovi e tempi nuovi.


domenica 6 dicembre 2020

Nel deserto per un Natale più vero.

 Una voce che grida di preparare la via



Io non sono in teologo( come potrebbe una mente-bislacca), ma da appassionato della sacra scrittura ho notato un particolare interessante che riguarda le letture di oggi. Il testo riguarda la figura del Battista ma ha come risvolto la nostra vita e il nostro atteggiamento in questo periodo dell’anno. In realtà i tempi cosiddetti forti servono soltanto a puntualizzare la  nostra attenzione, ma l’ atteggiamento dovrebbe essere quello tutti i giorni. Si potrebbe usare una famosa frase di Jovanotti “O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai”. 

La mia considerazione parte dalla figura di San Giovanni Battista che viene considerato da tutti oramai il “Battistrada” di Cristo, proprio perché Gesù stesso lo indica come suo precursore quando utilizzando le parole del profeta Isaia lo definisce “Una voce grida nel deserto”.

Il Brano in questione è tratto da un discorso più ampio del profeta che è un canto di speranza, per la prossima venuta del liberatore, molto bello tra l’ altro da leggere perché ridona la speranza agli oppressi di tutti i tempi. La cosa da notare però è che la frase utilizzata da Gesù non è esattamente la stessa, o meglio, le parole sono le stesse ma la punteggiatura è differente. Piccole cosmesi della lingua che cambiano totalmente il soggetto è il significato di tutto il contesto. La frase originale del vecchio testo è: “Una voce grida: nel deserto preparate la via del Signore”. Incredibile come due piccoli punti trasferiscono l’attenzione e il destinatario della frase. Nella prima, quella di Cristo, la voce ( il Battista) grida nel deserto, nella seconda, la voce gridando indica dove si deve preparare la via. Gesù nella sua sapienza ha adattato la parola antica per indicare una persona, ma letta nella versione originale diventa un insegnamento per tutti. Qui si tratta di un atteggiamento per ricercare Dio, un luogo dove poterlo trovare. Il deserto è la scappatoia, il riparo dalla mondanità.   Nella Scrittura molte volte si ricorre a questo luogo reale o figurato che sia per spegnere i rumori del mondo, ritrovare se stessi e la pace. In tutte le religioni, le filosofie si ricorre a questo rifuggire dal mondo per ritrovare il proprio centro perché è lì l’albergo di Dio, in questo luogo possiamo trovarlo sempre. La solitudine della meditazione, del Rosario, dei Mantra, per ritornare al centro e “ascoltare la voce di Dio”, preparargli una strada, spianare i sentieri per poterlo incontrare.

Come dei piccoli punti possono sviluppare una così immensa moltitudine di pensieri è già qualcosa di infinitamente affascinante permette ad uno “scriba di tirare fuori cose vecchie e cose nuove” come dice Gesù. È la parola di Dio che pur rimanendo immutata si concretizza nel presente e diventa contemporanea e nuova.

Lasciamoci trasportare in questo luogo quindi, spegnendo i rumori e le “caciare” del mondo nelle profondità del deserto, del silenzio e della preghiera. Sarà per tutti un Natale più bello 


sabato 5 dicembre 2020

Attacchi scenografici tra sacro e profano

 Un Natale evidentemente particolare



In questi giorni visitando una chiesa del mio paese ho visto una cosa interessante, sulla quale si può ragionare abbastanza credo. Ho notato che sul presbiterio oltre al comune presepe che normalmente tutte le parrocchie mostrano, era stato allestito un enorme albero di Natale. La cosa all’ inizio mi è parsa alquanto strana, perché un po’ tutti i sacerdoti preferiscono mantenere e divulgare la tradizione del presepe rispetto a quello più mondano dell’ albero. Poi ho pensato che il presbitero avrà voluto con questo attacco scenico-coreografico dare una interpretazione visiva di quello che sta succedendo al Natale dei nostri giorni. La scena così come la si può vedere sicuramente vuol essere un messaggio allegorico del fatto che il consumismo offusca la visione del Signore, infatti in tutta la parte destra della chiesa il Tabernacolo è assolutamente nascosto alla vista dei fedeli, occultato dietro a questo addobbo che stride fortemente col contesto liturgico.


Quindi devo rilevare che esiste oramai un nuovo modo di fare religione e forse catechesi, meno parlato e più visivo che ha un impatto maggiore  sulla comunità, un parlare per immagini che arriva dritto al punto e trasmette considerazioni sulla realtà rapportandola al contesto religioso.

Ma si sa che io sono una mente-bislacca e anche un po’ antiquato probabilmente che ancora crede che la chiesa non sia un teatro e l’ altare un palcoscenico, diciamo che io sono a favore dei metodi più tradizionali. L’ altare è il luogo dove si fa memoria della mortificazione e risurrezione di Nostro Signore e dove la mondanità non dovrebbe entrare così facilmente. È una questione di gusti e a me non piace vedere che un simbolo così francamente consumistico sia messo così in primo piano davanti al Santissimo Sacramento che dovrebbe essere al centro dell’ attenzione e ben visibile a tutti.

Io proporrei l’ albero almeno in sagrestia, e il presepe accanto alle cose sacre. Sacro con Sacro, profano con profano…


giovedì 3 dicembre 2020

Di giusti, di orge …e di sepolcri imbiancati.

 Guai a voi scribi e Farisei…


I rappresentanti del popolo a volte mi lasciano perplesso, per il loro operato, per il loro modo di fare e di parlare. Ogni tanto, però, c’ è qualcuno che eccelle nelle sue attività e mi induce, per forza, a fare qualche piccola riflessione su dove stiamo andando, o meglio, su dove ci stanno portando. Se pure il mio blog non è giornalistico ma solo un archivio delle mie memorie, di una mente-bislacca, che in realtà scrivo più per me stesso che per un eventuale malcapitato tra le mie righe, questa volta mi urge commentare una notizia di questi giorni davvero “esilarante” o forse dovrei dire grottesca.

Il fatto in sé stesso non mi stupisce ma mi ha fatto riflettere su un concetto importante della cristianità: la credibilità.

Mi hanno sempre detto che alla fine dei nostri giorni saremo giudicati non tanto sul fatto di essere stati credenti ma piuttosto se siamo stati credibili, soprattutto noi che ci consideriamo “praticanti” e ne siamo così sicuri da fare la morale agli altri. Ora, quando Gesù è venuto nel mondo si è sempre comportato da mite e umile di cuore, ma se c’era qualcosa che lo facesse uscir davvero fuori dai gangheri era da una lato la sclerocardia( parolone che intende la durezza del cuore) e dall’ altra l’ ipocrisia, specialmente di chi si millantava giusto. Il vangelo riporta tante di queste affermazioni del Messia: “ciechi alla guida di ciechi”, “razza di vipere”, “spelonca di ladri”. Ci andava giù di pesante i maestro! Lui conosce benissimo il cuore dell’ uomo e chiunque si eleva a giudice lo fa sapendo di non essere migliore, la colpa quindi è grave.

Nonostante tutti questi secoli la situazione non è che sia migliorata di molto e proprio quelle persone che dovrebbero dare l’ esempio si comportano peggio di tutti.

Pare che un politico ungherese, un puritano estremo difensore dei valori cristiani e della famiglia canonica sia stato segnalato e denunciato ( a causa della violazione delle norme anti-covid) per aver partecipato ad un raduno omosessuale, una vera e propria orgia. Naturalmente il parlamentare è stato allontanato dal suo incarico perché ritenuto “indifendibile” per il covid, per le sue idee violate, per il fatto che ha tentato la fuga, perché trovato persino in possesso di sostanze stupefacenti.

Umanamente, è una persona che ha riconosciuto il suo errore e ha chiesto scusa e per questo ha il mio rispetto, perché lui solo sa la vergogna che starà provando per l’ assurda figura, per lo scandalo( parola che mi riservo di spiegare in un post ulteriore).

Ancora una volta però non posso che fermarmi a riflettere su come i valori cristiani e la politica internazionale stiano in mano a persone che fanno solo male al vangelo e alla missione del cristianesimo. Persone che si elevano al di sopra di tutti i mali del mondo per condannarli a parole per poi dimostrarsi fallaci più degli altri, sepolcri imbiancati pronti a giudicare tutti. Per questo, tutti noi prima di criticare e giudicare dovremmo ricordare la storia della tentata lapidazione dell’ adultera, con la pietra in mano ci siamo noi e spesso ci ricade addosso miserevolmente. Cioè, ti puoi elevare a difensore dei valori cristiani, crociato del puritanesimo, estremo baluardo della moralità, ma prima devi assicurarti di essere credibile, certo di essere non soltanto nel giusto, ma di essere tu stesso “giusto”.

Se giusto non sei…


Matteo 2327.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro so pieni di ossa di morti e di ogni putridume.  Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità.


martedì 1 dicembre 2020

La dipartita di un servo inutile

 Un camaleonte sull’ altare


Avrei volentieri fatto a meno di parlare di questo argomento, preferendo sicuramente qualcosa di meno pesante e doloroso magari, purtroppo però non posso esimermi dallo spendere qualche riga per un evento che mi ha fatto riflettere. La mia comunità parrocchiale purtroppo in questi giorni piange un nuovo lutto e questa volta si tratta di una persona davvero silenziosa, ecco si lo definirei così, è la descrizione più giusta. Il silenzio a volte non è poi così scontato, siamo sempre abituati allo strepitio di tutti quelli che in qualche modo vogliono farsi notare a volte anche in maniera grottesca e quando ci capita qualcuno che preferisce tacere, il suo silenzio lo percepiamo solo quando la persona per un motivo qualsiasi si allontana. Queste sono le persone del fare, quelle che si espongono solo con i fatti, lasciando agli altri la propaganda, il chiacchiericcio. Sono, quelli che il vangelo chiama i “servi inutili”, che non si aspettano nulla in cambio né in ringraziamenti né in  inutili glorie effimere. E se pure nei post precedenti ho parlato della necessità di coltivare ancora il dialogo e l’ ascolto, ecco che ora, bislacca-mente, mi tocca paradossalmente elogiare il silenzio come mezzo di comunicazione.

Il silenzio è un mezzo di comunicazione potente se vuoi “spiegare” un modo di essere, ma è anche un’ arte difficile da apprendere, specialmente per un logorroico peripatetico come me. E quindi ancora una volta mi ritrovo ad imparare qualcosa nella mia vita e per la vita. Il silenzio di questa persona mi mancherà perché col suo semplice fare senza dire, senza parole, ha mostrato a tutti la vera essenza del servizio, riusciva pur restando in vista e in primo piano a scomparire alla vista di tutti, quasi mimetizzato con l’ altare mettendo in risalto l’ unica cosa importante  in una comunità parrocchiale: il Tabernacolo.

È un insegnamento che non sapevo  stessi apprendendo . Me ne sono accorto solo oggi durante la messa esequiale quando ho preso il suo posto nelle sue mansioni. Ho capito che era un passo avanti a tutti perché era invisibile.

Possiamo parlare, discutere anche litigare, ma il vero lavoro non ha bisogno di grossi discorsi, di linguaggio forbito, ha bisogno di mani che fanno. Anche i funerali sono stati spartani e ci ha lasciati, infine, esattamente come aveva vissuto, senza strepiti, senza clamore con un grande dignitoso silenzio…

Un esempio per tutti.